Hier folgen Auszüge aus einer Besprechung eines Buches der Autoren (Emilio Quadrelli) der italienischen Ausgabe von "Vabanque":
Alessandro Dal Lago – Emilio Quadrelli, "La città e le ombre. Crimini, criminali, cittadini", Feltrinelli, 2003, pp. 402, € 20,00
Frutto di un lavoro durato cinque anni (1997-2002), durante i quali sono state intervistate circa quattrocento persone (in larga maggioranza ladri, rapinatori, spacciatori e consumatori di droghe, prostituti/e italiani/e e stranieri/e e i loro clienti, usurai, intermediatori di “affari”, giocatori d’azzardo, ma anche commercianti, gestori di locali pubblici, imprenditori, operatori sociali, membri delle forze di polizia, magistrati) di duecento delle quali il volume accoglie le testimonianze, la ricerca etnografica condotta da Dal Lago e Quadrelli, docenti presso l’Università di Genova, ha avuto come epicentro il capoluogo ligure, ma i risultati ai quali perviene assumono una valenza più generale, potendosi Genova considerare come una città-laboratorio, in quanto anche qui, come nel resto d’Italia, si sono avuti quei mutamenti nella struttura dell’economia, nelle forme di organizzazione e di autorappresentazione di ciò che resta della classe operaia, nelle modalità di gestione ed amministrazione del potere locale, nella gestione dei flussi migratori e della disoccupazione giovanile che si è soliti individuare come elementi caratterizzanti la società postindustriale.
Resi espliciti nell’ampia introduzione i problemi incontrati e i criteri adottati per «narrare l’infamia», il libro si articola in otto capitoli (più un epilogo), ciascuno dei quali ricostruisce con abbondanza di dati e acume interpretativo i protagonisti, i servizi offerti, l’ampiezza, le caratteristiche e l’evoluzione della clientela, le dinamiche interne, il sistema di relazioni instaurate con il mondo legale e l’evoluzione conosciuta nel corso degli anni, di uno specifico «mercato illegale»: i piccoli traffici ai quali da sempre si dedica la malavita tradizionale radicata nei quartieri del centro antico; le «batterie» di rapinatori che nei primi anni Settanta, a Genova come nelle altre aree metropolitane del triangolo industriale, avevano dato vita a forme inedite di criminalità (1) ; il gioco d’azzardo e le scommesse clandestine; l’usura; lo sfruttamento economico degli immigrati clandestini; la prostituzione femminile e quella maschile; le droghe. Completano il volume una quarantina di pagine di note e altre venti di utilissimi e aggiornati riferimenti bibliografici.
Lo scopo della ricerca, come viene esplicitato fin dalle prime pagine del libro, è quello di indagare i rapporti esistenti tra due «mondi» che, pur condividendo i medesimi spazi, appaiono a tutta prima connotati da una radicale alterità: quello “visibile” dei «cittadini» e quello “sotterraneo” dei «criminali». L’ipotesi interpretativa da cui gli autori partono, e che trova conferma al termine del loro lavoro, è invece quella di «una clamorosa discrepanza tra la realtà del crimine […] e la sua rappresentazione prevalente» nei media così come presso le istituzioni e le scienze specialistiche, abituati a considerare il crimine come un affare esclusivo dell’«ombra», del sottosuolo, qualcosa di radicalmente eterogeneo rispetto al mondo della “normalità” e della società legittima, costantemente minacciata, quest’ultima, dal mondo delle tenebre.
(... )
Al termine della loro ricerca, gli autori possono quindi riprendere e meglio precisare l’ipotesi di lavoro da cui erano partiti: «I mercati illegali sono solo in parte di competenza dei criminali. In una misura che varia a seconda dei tipi di mercato, i cittadini accedono ai mercati illegali sfruttando le possibilità che questi offrono. Ma la definizione sociale o stigmatizzazione del crimine li riguarda solo marginalmente. Saranno soprattutto figure “specializzate” passivamente (etichettate a priori) a giocare il ruolo di parte per il tutto e a rappresentare quindi, per l’opinione pubblica e le istituzioni, i mercati illegali e i mondi criminali. Tale rappresentazione sociale contribuisce a modellare l’azione delle istituzioni nei confronti dei mercati illegali e a definirne ambito e dimensioni».
(...)
(1) Per un approfondimento di questo finora poco indagato segmento della storia criminale del nostro paese si veda il contributo di E. Quadrelli nel volume a cura di Klaus Schönberger, La rapina in banca. Storia. Teoria. Pratica, DeriveApprodi 2003, e soprattutto, dello stesso Quadrelli, Andare ai resti. Banditi, rapinatori, guerriglieri nell’Italia degli anni Settanta, DeriveApprodi 2004)
Alessandro Dal Lago – Emilio Quadrelli, "La città e le ombre. Crimini, criminali, cittadini", Feltrinelli, 2003, pp. 402, € 20,00
Frutto di un lavoro durato cinque anni (1997-2002), durante i quali sono state intervistate circa quattrocento persone (in larga maggioranza ladri, rapinatori, spacciatori e consumatori di droghe, prostituti/e italiani/e e stranieri/e e i loro clienti, usurai, intermediatori di “affari”, giocatori d’azzardo, ma anche commercianti, gestori di locali pubblici, imprenditori, operatori sociali, membri delle forze di polizia, magistrati) di duecento delle quali il volume accoglie le testimonianze, la ricerca etnografica condotta da Dal Lago e Quadrelli, docenti presso l’Università di Genova, ha avuto come epicentro il capoluogo ligure, ma i risultati ai quali perviene assumono una valenza più generale, potendosi Genova considerare come una città-laboratorio, in quanto anche qui, come nel resto d’Italia, si sono avuti quei mutamenti nella struttura dell’economia, nelle forme di organizzazione e di autorappresentazione di ciò che resta della classe operaia, nelle modalità di gestione ed amministrazione del potere locale, nella gestione dei flussi migratori e della disoccupazione giovanile che si è soliti individuare come elementi caratterizzanti la società postindustriale.
Resi espliciti nell’ampia introduzione i problemi incontrati e i criteri adottati per «narrare l’infamia», il libro si articola in otto capitoli (più un epilogo), ciascuno dei quali ricostruisce con abbondanza di dati e acume interpretativo i protagonisti, i servizi offerti, l’ampiezza, le caratteristiche e l’evoluzione della clientela, le dinamiche interne, il sistema di relazioni instaurate con il mondo legale e l’evoluzione conosciuta nel corso degli anni, di uno specifico «mercato illegale»: i piccoli traffici ai quali da sempre si dedica la malavita tradizionale radicata nei quartieri del centro antico; le «batterie» di rapinatori che nei primi anni Settanta, a Genova come nelle altre aree metropolitane del triangolo industriale, avevano dato vita a forme inedite di criminalità (1) ; il gioco d’azzardo e le scommesse clandestine; l’usura; lo sfruttamento economico degli immigrati clandestini; la prostituzione femminile e quella maschile; le droghe. Completano il volume una quarantina di pagine di note e altre venti di utilissimi e aggiornati riferimenti bibliografici.
Lo scopo della ricerca, come viene esplicitato fin dalle prime pagine del libro, è quello di indagare i rapporti esistenti tra due «mondi» che, pur condividendo i medesimi spazi, appaiono a tutta prima connotati da una radicale alterità: quello “visibile” dei «cittadini» e quello “sotterraneo” dei «criminali». L’ipotesi interpretativa da cui gli autori partono, e che trova conferma al termine del loro lavoro, è invece quella di «una clamorosa discrepanza tra la realtà del crimine […] e la sua rappresentazione prevalente» nei media così come presso le istituzioni e le scienze specialistiche, abituati a considerare il crimine come un affare esclusivo dell’«ombra», del sottosuolo, qualcosa di radicalmente eterogeneo rispetto al mondo della “normalità” e della società legittima, costantemente minacciata, quest’ultima, dal mondo delle tenebre.
(... )
Al termine della loro ricerca, gli autori possono quindi riprendere e meglio precisare l’ipotesi di lavoro da cui erano partiti: «I mercati illegali sono solo in parte di competenza dei criminali. In una misura che varia a seconda dei tipi di mercato, i cittadini accedono ai mercati illegali sfruttando le possibilità che questi offrono. Ma la definizione sociale o stigmatizzazione del crimine li riguarda solo marginalmente. Saranno soprattutto figure “specializzate” passivamente (etichettate a priori) a giocare il ruolo di parte per il tutto e a rappresentare quindi, per l’opinione pubblica e le istituzioni, i mercati illegali e i mondi criminali. Tale rappresentazione sociale contribuisce a modellare l’azione delle istituzioni nei confronti dei mercati illegali e a definirne ambito e dimensioni».
(...)
(1) Per un approfondimento di questo finora poco indagato segmento della storia criminale del nostro paese si veda il contributo di E. Quadrelli nel volume a cura di Klaus Schönberger, La rapina in banca. Storia. Teoria. Pratica, DeriveApprodi 2003, e soprattutto, dello stesso Quadrelli, Andare ai resti. Banditi, rapinatori, guerriglieri nell’Italia degli anni Settanta, DeriveApprodi 2004)
vabanque - am Dienstag, 4. Oktober 2005, 20:13 - Rubrik: La Rapina in Banca (versione italiana)